La storia

Capaccio Paestum è un comune italiano di 22 285 abitanti della provincia di Salerno in Campania. Situato in collina tra i 308 e i 450 metri sul livello del mare, domina la pianura del Sele e il Golfo di Salerno, dal Promontorio di Agropoli alla Costiera Amalfitana.

Il riconoscimento istituzionale, a mezzo di referendum, del cambio di denominazione da Comune di Capaccio in Comune di Capaccio Paestum rafforza il valore di due realtà complici e  mai antagoniste. Nel 2013 ottiene il titolo di città con decreto del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

La città di Paestum è la più bella della Magna Grecia e ne concretizza, esalta e tramanda i grandi ideali del popolo greco.

Dal geografo greco Strabone, sappiamo che intorno al 600 a.C. una minoranza dorica di Sibari, raggiunse la foce del fiume Sele formando una vera e propria città: Poseidonia in onore del dio ellenico Poseidone. Qui i coloni greci eressero la cosiddetta Basilica (550 a.C.) il Tempio di Cerere (circa 500 a.C) a sud ed il Tempio di Nettuno (450 a.C.) a nord, che per la maestosità è da considerare un autentico capolavoro.

Tra il 420 ed il 410 a.C. i Lucani conquistano la città che perde il nome greco di Poseidonia ritornando nella forma di Paistom. È un periodo di crescita ed abbondanza, la città è una  potenza economica, politica e culturale, modello artistico e architettonico vanto della Magna Grecia.

Nel 273 a.C. Roma sottrae la città alla confederazione lucana, trasformandola in colonia latina nel nome di Paestum. La cultura greca e quella latina si fondono così in un’armoniosa crescita.  Il momento romano a Paestum significa anche crescita per la città: nasce il Foro, viene costruito l’Anfiteatro romano, sorge il Tempio della Pace ed anche il comparto urbanistico riceve un notevole contributo. È di origine romana, anche il perimetro murale che ancora oggi conosciamo, circa 5km di mura difensive interamente conservate. Tutte le strade furono pavimentate, le abitazioni modernizzate mentre gli edifici sacri rimanevano intatti, condividendo i latini, gli stessi dei con i greci.

Il declino della città fu lento e graduale. Sempre Strabone, riferiva di un progressivo impaludamento della città e di un clima malarico a causa di un vicino corso d’acqua, il Salso, moderno Capodifiume, nota attrazione naturalistica della zona. Le acque del fiume erano, per di più, ricche di calcare che incrostarono presto l’intero strato archeologico.

Ma ciò che ha determinato l’inizio della fine appare estraneo alla vita attiva della città. Già da tempo Paestum si era trovata tagliata fuori della grandi rotte commerciali, da quando Roma aveva rivolto il suo interesse all’Oriente e quindi al Mar Adriatico lasciando ormai andare l’antica colonia del Tirreno.

Il Cristianesimo contribuì ad un ulteriore trasformazione della città. L’antichissimo culto di Hera aveva ora nuova fioritura nel volto di Santa Maria del Granato: ancora oggi localmente venerata l’immagine della Vergine Maria ha nella mano una melagrana così come l’aveva l’antichissima Hera, simbolo di fertilità, ricchezza ed abbondanza dei campi. A seguito delle persecuzioni, Paestum conobbe il suo protettore, oggi ancora venerato nella figura di San Vito.

Nel 954 proprio questi luoghi, saranno interessati dal ritrovamento delle spoglie dell’evangelista Matteo, ad opera del monaco greco Attanasio, nei pressi della foce dell’Alento. Lo straordinario avvenimento ebbe subito risalto ed il corpo, in un primo momento accolto nella Cattedrale di Capaccio sarà poi trasferito a Salerno, dove vive ancora oggi,  per volontà del principe Gifulco I.     

Intorno all’800 a.C. su Paestum si abbatte un ultimo flagello: i Saraceni.

Il graduale impoverimento della terra, la malaria, le nuove rotte commerciali, la progressiva cristianizzazione e le ultime incursioni abbruttirono definitivamente il volto della colonia greca che per molti secoli sarà dimenticata.

 A partire dal VII-VIII secolo a seguito di molteplici cause gli abitanti di Paestum si trasferirono dunque  sul Monte Calpazio costruendovi un Castellum e la loro nuova città CaputAquis.

Fu solo nel Rinascimento che il ricordo di una rigogliosa Paestum con i suoi maestosi templi suscita l’interesse di tutti gli ambienti culturali d’Europa. La città si presta così al Grande Tour di personalità come Goethe, Nietzsche e Piranesi. Tutti erano affascinati dalla fama di una città dove “le rose fiorivano due volte all’anno” (Virgilio, 4° libro delle Georgiche).  Un particolate merito per l’avvenuta scoperta di Paestum è riconosciuta al Conte Felice Gazola, nell’anno 1734.

Nel settecento ebbe inizio una vera e propria campagna di scavi. Così fu trovata la Tomba del Tuffatore (3 Giugno 1968) mirabile esempio d’armonia iconografica, dall’eccellente stato di conservazione e prezioso riconoscimento per la città. La lastra di copertura raffigura il tuffo di un giovane nello specchio d’acqua, simbolo del passaggio dalla vita terrena alla vita spirituale.  È la catarsi greca, cioè la purificazione dell’anima. Tale manufatto insieme a molti di quelli rinvenuti nella zona archeologica è conservato ed esposto al Museo Archeologico Nazionale di Paestum.

Una delle scoperta archeologiche di maggiore risonanza del XX secolo, è il Santuario dell’Heraion sul Sele ad interesse degli archeologi Paola Zancani Montoro e Umberto Zanotti Bianco e che ne attribuisce la fondazione a Giasone durante la spedizione degli Argonauti. Lo scavo ha restituito a nuova vita un’impressionante e ricca serie di decorazioni scultoree e figurate arcaiche ed un numero considerevole di doni votivi.

Nel 2001 fu inaugurato il Museo Narrante ove si raccontano le vicende e le conquiste dello scavo, le difficoltà dell’interpretazione e della ricostruzione. Raccoglie filmati, ricostruzioni tridimensionali, video installazioni, effetti sonori, pannelli illustrativi che mostrano al visitatore la storia del luogo.  A tale importantissima scoperta è legata anche la fama dell’eroe Eracle, tanto caro ad Hera  e scolpito nelle metope ora conservate presso il Museo Archeologico Nazionale di Paestum.

Quando gli  abitanti di Paestum si rifugiarono sulle pendici dei monti vicini, il Monte Calpazio a Caput Aquis o Capaccio Vecchio si disegnava il volto di una nuova cittadella.

È importante distinguere Capaccio vecchio da Capaccio capoluogo o Capaccio paese, che è l’attuale centro storico. L’etimologia del nome si presta a svariate ipotesi:

  • da Caput Aquae o meglio Caput Aquagii, perché Capaccio era a capo dell’acquedotto che portava l’acqua a Paestum
  • da Caput Acci, essendo chiamato Accio l’attuale Capodifiume
  • da Kallos pagos, che in lingua greca vuol dire bel villaggio

Intorno all’anno 1000 la città godeva di una certa prosperità.  Furono costruiti:  il castello, le mura di cinta, serbatoi di raccolta delle acque, acquedotti, strade interne e di accesso alla città.

Nel 1186 si insediava la dinastia Sveva e l’intero periodo si inaspriva per la costante lotta tra impero e papato. Un evento decisivo per la storia di Caput Aquis fu la Congiura di Capaccio. Un gruppo di feudatari campani, fedeli al Papa, ordinarono  una congiura contro l’imperatore Federico II, ma saputisi scoperti si ritirarono nel Castello di Capaccio vecchio. La fortezza cedette il 17 Luglio 1246. I  suoi resti sono ancora visibili sul versante settentrionale del Monte Calpazio. Il borgo medievale subì una progressiva decadenza mentre gli abitanti del luogo si trasferivano più verso l’alto e più verso l’interno. La Capaccio nuova, così chiamata per distinguerla dal nucleo  più antico era costituita da quattro casali: Monticello (primo nucleo urbano), Casecoppola [Case Zappullo], Lauro e Monteoliveto.

Fu feudo dei Berengario, Sanseverino,  d’Avalos d’Aragona dei Grimaldi e dei Doria.

Nel XVIII secolo la città si abbellì di bei palazzi e di splendidi portali. Oltre alla Chiesa di San Pietro, al convento dei frati minori, ai palazzi baronali al capoluogo era stata realizzata  la fontana dei tre delfini e la torre civica meglio conosciuta dell’orologio.

Iniziarono intensi disboscamenti fatti dai contadini che poi ne ricevevano la terra per diritto di “laboranza”. Verso  la fine del secolo gli avvenimenti internazionali toccarono anche la piccola cittadina. Il Cilento fu attraversato da idee liberali, per cui nacquero le società segrete dei Carbonari e, successivamente, dei Filadelfi che portarono ai vari moti del 1820/21, del 1828 e del Gennaio e del Luglio 1848.  Gennaro Bellelli e Costabile Carducci furono anima e ideologi della rivoluzione liberale capaccese. Grazie anche,  alle loro gesta, ai loro sacrifici, alle lotte e alle conquiste di cui furono protagonisti, resero prestigio a Capaccio. Il loro valore e i loro meriti, aspettano ancora oggi, i giusti riconoscimenti.   Nel Gennaio 1948, Ferdinando II fu costretto a emanare la prima costituzione e di li a poco a indire le elezioni.  

Agli inizi del XIX secolo Capaccio era una cittadina di circa 5.000 abitanti per lo più artigiani e contadini, che si recavano in pianura a lavorare nei latifondi fino a sera.  

Nel 1905 fu ricostruito il Campanile della Chiesa di San Pietro, crollato nel 1902 mentre nel 1919, dopo la prima guerra mondiale, sui giardini pubblici fu eretto il Monumento dei Caduti.

Nel 1926 il barone Ferdinando Bellelli ottenne  la costituzione del Consorzio di Bonifica di Paestum-Sinistrfa Sele, che bonificò i terreni con canalizzazioni, curò la distribuzione delle acque per l’irrigazione e costruì anche piazze, strade, scuole e acquedotti, favorendo il popolarsi della Pianura, ed il declino sempre in termini di popolazione del capoluogo. Altro evento di notevole importanza fu la realizzazione della diga sul Sele che, con la creazione di un invaso di due milioni di metri cubi d’acqua, consentì di irrigare tutti i terreni nel frattempo impaludati e restituiti, ora alla coltivazione.

Nel 1939, l’architetto Marcello De Vita viene incaricato di progettare un Museo, che verrà realizzato solo dopo la II guerra mondiale e inaugurato nel 1952.

Nel settembre 1943, nel corso della campagna d’Italia nella seconda guerra mondiale, Paestum fa da sfondo allo sbarco delle truppe americane nella piana del Sele, nel corso della celebre Operazione Avalanche.  

Terminata la II guerra mondiale e dopo la proclamazione della Repubblica, Capaccio si armonizzava sempre più come una terra di gente semplice, votata al lavoro laborioso della terra e ai valori umani. I contadini si organizzarono in cooperative e si dedicarono alla coltivazione dei terreni incolti dei latifondi.

Nel 1949, tuttavia, delusi per non aver ottenuto  neanche le terre del demanio, contadini ed artigiani, con a capo il Sindaco Salvatore  Paolino, partirono all’assalto dei latifondi, per la concessione delle terre. Sono le cosiddette lotte contadine. Intervenuto il Prefetto di Salerno, si giunse ad un accordo delle parti, furono espropriati diversi ettari di terreno e con la successiva Riforma agraria, divisi in 317 poderi. Si avviò così la creazione di alcuni borghi per accogliere nuovi cittadini, l’ampliamento della piana ed il graduale spopolamento del capoluogo. Questi tuttavia non si abbandonerà al declino, ed anzi, dopo un iniziale antagonismo con la “Capaccio ultima” o Capaccio scalo,  si muoverà al progresso urbano e suggestivo del suo storico passato.

Il 18 ottobre 1953 il notaio Manlio De Maria e 87 soci tra contadini ed artigiani fondarono la Cassa Rurale e Artigiana che nasceva con lo scopo di aiutare con prestiti  le piccole aziende agricole e artigianali.

Verso la fine degli anni 50 Capaccio era un piccolo grande centro urbano. C’era il Municipio, la Pretura, l’Ufficio Postale, l’Asilo infantile, la Scuola elementare, Avviamento e Medie, la Direzione Didattica, la Caserma della Guardia di Finanza, la Caserma della Guardia Forestale, l’Ufficio di collocamento, la sede della Cassa Rurale ed Artigiana, il Dazio, la Ricevitoria del Lotto, l’Esattoria, il Carcere Mandamentale, il Macello Comunale, due mulini e due frantoi.

La Capaccio di oggi si presenta al visitatore in una perfetta armonia tra passato e presente e per un futuro ricco di stimoli e di offerte.

A coloro che vogliono vedere, sapere e gioire dinanzi al bello, noi rivolgiamo l’invito a venire a Capaccio Paestum, un carosello di bellezze che vale la pena ammirare più di una volta nella propria vita.

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